Il trionfo di Ercole
Re Pandione di Micene è stato spodestato da suo nipote Milo che ne addossa abilmente le colpe ai suoi amici Euristeo e Erione, riportando il corpo del defunto a sua figlia, la principessa Ati. Lei è cresciuta con Milo e ne è molto affezionata, per cui quando le riportano che è il vero artefice del complotto, non riesce a crederci, anche perché lui non ha rivendicato il trono che le spetta di diritto. Tuttavia ha un piano ben preciso che consiste nell'indire un torneo tra i principi e facoltosi della Grecia per sposare Ati e condividerne il regno, cosa che la giovane, ormai senza padre, accetta di buon grado. Ma i due accusati si sono rivolti a Ercole raccontandogli quanto accaduto e anche che il popolo è contro Milo, reo di angherie alle quali Re Pandione voleva porvi fine. Per questo aveva bandito dal regno Milo, graziandolo della vita, ma questi con il fido Gordio lo aveva ucciso. Si serviva anche dei mitici Centimani, guerrieri bronzei, i Figli di Gea, che scaturivano magicamente ogni qualvolta estraeva un pugnale che gli aveva donato la maga Pasifae e sparivano d'incanto quando la lama veniva rinfoderata. Con loro era riuscito a sedare la rivolta del popolo al suo arrivo a Micene e adesso stava per attuare un piano diabolico che avrebbe visto Ati, sfilare con il vincitore del torneo, in trionfo verso il matrimonio, cadere in un mortale tranello. Un enorme graticcio irto di aculei mortali sarebbe stato azionato per cadere sulle loro teste durante il passaggio. Ma Ercole è giunto a Micene e sfida il vincitore battendolo a sua volta e senza pretendere alcunché, bensì solo la salvezza di Ati che conosce fin da piccola. Per cui è lui a salvarle la vita, accortosi del pesante graticcio che riesce a reggere e scagliare via. Ma Milo è abile e su suggerimento della maga induce l'eroe a sospettare dei suoi amici e di quanto gli hanno raccontato e, rapita Ati, fa in modo che Ercole sfoghi la sua ira verso di loro rei del rapimento. Suo padre Giove Pluvio si adira con tuoni fulmini e saette contro il figlio che ha ucciso degli innocenti e lo priva della sua forza mostruosa, con la quale aveva tenuto testa facilmente anche ai possenti Centimani. Ora era un uomo comune e pertanto facilmente catturabile dai soldati di Milo che ancora una volta escogita un diabolico rituale. Se è vero che è un figlio di un Dio dalla possente forza, riuscirà a trattenere un pesante cesto di pietre, caricate ad una ad una, che fanno leva su un altro graticcio di irte punte, lì per dilaniare la povera principessa Ati legata al di sotto. Ercole fa ricorso a tutte le sue forze e alla fine chiede a suo padre di risparmiare la fanciulla che non ha colpe. Giove allora ridona le forze a Ercole che di slancio scaglia tutto contro i soldati, aiutato nel frattempo anche dall'insurrezione popolare. Milo si nasconde nell'antro della maga Pasifae e lei stessa cerca di fuorviare il possente eroe prendendo le sembianze della giovane Ati. Ma mentre Milo, per sfuggirgli, precipita in un pozzo lavico, Pasifae si sfracella sulle rocce cadendo da un dirupo. Ati è salva e Micene avrà la sua regina e sicura prosperità.
Il trionfo di Ercole
Italia, Francia 1964
Regia: Alberto De Martino
Musiche Francesco de Masi
con
Dan Vadis: Ercole
Marilù Tolo: principessa Ati
Pierre Cressoy: Milo
Moira Orfei: la maga Pasifae
Enzo Fiermonte: Reto
Renato Rossini: Gordio
Piero Lulli: Euristeo
Jacques Stany: Erione
Pietro Capanna: principe Abadur
Aldo Cecconi: un ladro
Nazzareno Zamperla: il ladro giovane
Gaetano Quartaro: Re Pandione
Nino Marchetti: un cittadino borseggiato
Anna Maria Mustari: un'ancella
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