Continuavano a chiamarli... er più e er meno
Franco Pietrasicca, appena uscito di prigione, si è messo di nuovo a rubare con scarsi risultati, finendo per stringere amicizia con l'ennesima vittima risultata più al verde di lui. Addirittura di schiatta nobile il principe Francisco Ribanera Mendoza de Espinoza meditava il suicidio quando venne affrontato dal ladruncolo Franco col quale poi divenne amico di sventura. Mantenuto dallo zio, ormai al limite della disperazione per la sua dissolutezza e dedizione al gioco, doveva ripianare l'indomani un debito di gioco di 20 milioni, l'ennesimo, saldato con un assegno che sarebbe risultato a vuoto. Non può più sperare nell'aiuto del nobile parente, per cui escogita con il ladro appena conosciuto un colpo a danno di una vecchia amica, la contessa De Boccarde, durante una festa che darà in serata, rubandole la preziosa collana del valore di almeno 50 milioni. Introduce alla festa Franco, nuovo all'ambiente dell'alta società e quindi piuttosto goffo nei movimenti, paludato in un frak rubato a un prestigiatore che si rivela essere pieno di trucchi di scena, per il clamore che causa in un ambiente compassato come quello e dove inesorabilmente per la sua goffaggine il colpo va a vuoto. Si cerca allora, dopo aver avuto assicurazione di una proroga dal direttore di banca, di vendere un falso Stradivari a un collezionista di strumenti musicali, combinando un altro pasticcio, fino al colpo che sembra poter essere alla loro portata. Suo zio deve ricevere un'alta eminenza cattolica di un paese sudamericano impegnato nella lotta contro i rivoluzionari. Allo scopo ha raccolto la bellezza di 100 milioni che darà all'alto prelato affinché li consegni di sua mano al Generalissimo Presidente di quello stato. Siccome suo zio non lo conosce di persona, Francisco, incaricato di prelevarlo all'aeroporto, lo rapisce e sostituisce con Franco che riesce a spacciarsi per il religioso e salutare con il malloppo. I due raggianti si infilano in una bisca clandestina dove mentre Franco vince a tutto spiano, l'altro perde fino all'intervento di un'agente di PS che li arresta in flagrante. Dalle matrici dei soldi in loro possesso, questi risultano rubati a un istituto di credito, per cui finiscono dentro dove Franco è prodigo di fare le veci del buon padrone di casa, conoscendo benissimo tutti quanti. Viene fuori che quei soldi avuti dallo zio lo inchiodano a sua volta al reato e preso al solito dal vizio del gioco, Francisco organizza una riffa interna dove i carcerati dovranno votare una specie di schedina circa i risultati dei vari processi e Franco è l'unico a fare 13. Per giocarsela poi con il nobile amico di cella e sventura, scommettendo sulla colpevolezza dell'illustre zio, giocandosi il titolo nobiliare di Francisco che opta invece per la sua innocenza al processo che si terrà, essendo un esponente dell'alta società. Purtroppo per lui finisce dentro anche l'illustre parente costringendo il povero Francisco a cedere il titolo a Franco e fargli da servitore per tutto il loro soggiorno nelle patrie galere.
Parodia di un celebre successo dell'epoca interpretato da Celentano, il film ne segue in parte la trama, lasciando mano libera alla libera improvvisazione dei due ormai rodatissimi come interpreti di commediole a nastro in quel periodo fervido del nostro cinema.
er più e er meno
Italia 1972
Regia: Giuseppe Orlandini
Musiche Coriolano Gori
con
Franco Franchi: Franco Pietrasicca
Ciccio Ingrassia: principe Francisco Ribanera Mendoza de Espinosa
Renato Malavasi: Battista, il maggiordomo
Didi Perego: contessa De Boccarde
Sandro Moretti: pokerista
Mario Del Vago: meccanico truffato
Alfonso Tomas: avvocato Sartorio
John Stacy: zio di Francisco
John Bartha: acquirente del violino
Enrico Luzi: monsignore argentino
Gino Pagnani: commissario PS
Ada Pometti: sottotenente PS Luciana Impallomeni
Emanuela Fallini: Luciana
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