Zorro alla corte di Spagna
A lla morte del Duca di Lusitania, il fratello Ramon De Castro prende il potere con un colpo di mano spodestando la cognata, Granduchessa Giovanna che è costretta a fuggire con la figlioletta, l'Infanta Isabella, aiutata da nobili e sudditi fedeli. Don Ramon le dà la caccia con i suoi uomini per costringerla ad abdicare in suo favore e ottenere il crisma della legalità di fronte al popolo che non sembra amarlo. I suoi piani vengono però intralciati, dapprima con fare scherzoso e poi con fermezza, da uno strano individuo vestito di nero e mascherato che si fa chiamare Zorro. Ne sa qualcosa il Capitano Morales, a capo della guardia scelta, che in un paio di occasioni lo ha affrontato ricavandone due beffarde Zeta ricamate, la prima in fronte e la seconda sulla guancia destra e che lo hanno reso lo zimbello a corte. Si brancola nel buio circa la sua identità mentre le sue imprese si fanno sempre più spavalde arrivando addirittura a liberare sul patibolo il simbolo della rivolta, Manuel Garcia, uno dei più fedeli sudditi della Granduchessa e quindi ostinato oppositore di Don Ramon. C'è solo un possibile sospetto nel mite Don Riccardo Di Villa Real appena giunto nella casa paterna dopo un lungo soggiorno in Messico. Ma è talmente pavido che neppure suo padre lo considera essendo a suo volta ostile all'usurpatore e avendo sperato nel figlio tornato come possibile aiuto nella lotta che si è scatenata. E neppure Bianca che deve sposarlo, sembra non abbia più interesse per lui dopo aver conosciuto da vicino quel misterioso eroe mascherato che l'aveva liberata dalle grinfie di un suo spasimante, Miguel, fido sgherro del tiranno. Questi riesce però a scovare il nascondiglio dell'Infanta, custodita presso un convento di suore che ospita numerose orfanelle e la fa rinchiudere in una fortezza super protetta. Con lei in mano Don Ramon potrà indurre sua madre a cedergli il potere e per questo organizza in territorio neutrale un incontro allo scopo di siglare il definitivo atto di abdicazione. Ma Zorro sa dove la piccola è custodita e con un colpo di mano, aiutato dal fido Paquito, la libera per piombare nel luogo convenuto all'incontro e mandare all'aria la firma. Con un manipolo di prodi riesce a prendere il controllo della situazione uccidendo a duello il bieco Miguel prima di consegnare Don Ramon nelle mani di sua cognata. Con grande magnanimità la Granduchessa gli risparmia la vita esiliandolo però in un castello da dove non potrà più uscire. Zorro si svela alla sua Bianca che con grandissimo stupore può amarlo con tutta sé stessa visto che non è affatto quel rammollito che tutti credevano.
Un buon esempio di cappa e spada nazionalpopolare con sfoggio di costumi ed uniformi adeguate in interni convincenti e con buoni protagonisti del cinema di avventura del periodo, dove Gianni Rizzo è un consueto “villain” spalleggiato in quest’occasione da Alberto Lupo e da Livio – una vita da scagnozzo – Lorenzon. Giorgio Ardisson, invece, protagonista di tanti spaghetti western è un simpatico quanto insolito Zorro in questo, tra i tanti non malvagio esempio, di cinema da oratorio o riempitivo delle cosiddette sale parrocchiali o periferiche.
Zorro alla corte di Spagna
Italia 1962
Regia: Luigi Capuano
Musiche Carlo Savina
con
Giorgio Ardisson: Riccardo Di Villa Real / Zorro
Alberto Lupo: Miguel
Nadia Marlowa: Bianca Rodriguez
Gianni Rizzo: Don Ramon De Castro
Livio Lorenzon: Capitano Morales
Maria Letizia Gazzoni: Infanta Isabella
Franco Fantasia: Manuel Garcia
Antonio Gradoli: L'oste
Carlo Tamberlani: Marchese Pedro Di Villa Real
Amedeo Trilli: Il frate
Maria Grazia Spina: Consuelo
Nazzareno Zamperla: Paquito
Carla Calò: Francisca Di Villa Verde
Nerio Bernardi: Colonnello Vargas
Tullio Altamura: Il conte di Cabral
Andreina Paul: la Granduchessa Giovanna
Gloria Parri: Rosita
Pasquale De Filippo: Un valletto
Ugo Sasso: Un dignitario
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