Benvenuto reverendo!
P eppino, appena uscito di galera, si reca, con una lettera di raccomandazione del cappellano del carcere, dal curato di Bellegra di sopra, un piccolo comune laziale che si occupa da tempo del reinserimento sociale dei detenuti trovando loro un lavoro. Ma giunto sul posto, con una fame da lupo e impossibilitato a incontrare il prete per via di un febbrone che lo costringe a letto, cerca di prendere 100 lire dalla cassetta delle elemosine proponendosi di fronte alla Madonna di restituirle non appena avrà iniziato a lavorare. Scoperto da una donna rischia il linciaggio dei sopraggiunti contadini richiamati dalle urla della parrocchiana. Astutamente si rifugia in sagrestia e si traveste da prete scongiurando il peggio. Placa gli accorsi sul posto e si spaccia per Don Peppino, prete questuante che come si placano gli animi si mette in cammino allontanandosi dal posto. Strada facendo viene però contattato da un brigadiere dei carabinieri in bicicletta che ha urgente bisogno di un prete. Non può opporre resistenza e poco dopo viene condotto nella casa padronale di Don Fernando, proprietario terriero della zona alle prese con un grave problema sorto con i suoi contadini che hanno incrociato le braccia e oltre a rifiutarsi di lavorare per una paga da fame, hanno posto la casa sotto assedio tagliandole i fili del telefono e presidiando le vie di uscita da quello che è chiamato in zona il castello. Don Peppino dovrà prodigarsi per dar sopire i bollenti spiriti dei sobillatori più esagitati parlando loro e inventando pene dell'inferno per chi si ostina nella lotta. In cambio il facoltoso castellano è pronto ad aiutarlo nella sistemazione della chiesetta diroccata nei pressi e che credono sia l'obiettivo della questua di quel prete. 150 mila lire subito e altrettante dopo aver sistemato le cose e ricondotto alla ragione gli scioperanti. Il finto “Don” vorrebbe darsela a gambe e squagliarsela coi soldi, davvero tanti, ma viene invischiato subito dopo nella vita di quei poveretti e nelle tante storie ad essi collegate, tra le quali anche la storia d'amore segreta tra Rosa, figlia del castellano, e Marco, reduce di guerra e tra i più facinorosi dei contadini. Senza parlare della sventurata Anna che vive col figlioletto nei ruderi della chiesa da restaurare, sedotta da Francesco, figlio del castellano, ed abbandonata dopo la sua maternità. Don Peppino saprà prodigarsi da vero sacerdote portando una parola di speranza a tutti e riuscendo brillantemente a ricucire i contrasti e gli attriti tra Don Fernando e i suoi braccianti ai quali concede altre terre da coltivare che consentiranno loro non solo di sfamarsi ma anche un certo guadagno. E Don Peppino così come era arrivato dal nulla se ne scompare nel nulla lasciando una situazione di assoluta armonia e riconciliazione persino tra Anna e Francesco che la prende con sé ed avrà cura di lei e del loro bambino.
Commedia velata di malinconia tipica di un certo neorealismo insito nel lavoro che Aldo Fabrizi dirige e interpreta brillantemente dando cuore ed anima ad un personaggio negativo come può esserlo un ladro che tuttavia si redime a vantaggio di una più ampia comunità di persone sventurate come lui e costrette a tirare a campare alla meno peggio, in un momento di grande difficoltà per tutto il paese da poco uscito da una guerra devastante.
Benvenuto reverendo!
Italia 1950
Regia: Aldo Fabrizi
Musiche Carlo Innocenzi
con
Aldo Fabrizi: Don Peppino, il ladro
Lianella Carell: Anna, la donna sedotta
Pitto: il figlioletto di Anna
Giovanni Grasso: il brigadiere
Gabriele Ferzetti: Marco, il reduce
Raimondo Van Riel: Don Fernando, il castellano
Virginia Balistrieri: sua moglie
Vittorio Duse: Francesco, suo figlio
Marianne Hold: Rosa, sua figlia
Armando Guarneri: il sorvegliante
Ada Colangeli: la donna in chiesa
Lia Grani: la vedova
Alfredo Leggeri: Annibale, il muratore
agitatori:
Mario Mazza
Franco Fava
Arnaldo Mochetti
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