Ercole contro i tiranni di Babilonia
A Babilonia tremila anni fa ... ferve la caccia agli schiavi necessari per molte opere da realizzare, ma oltre confine dove le truppe babilonesi catturano in genere inermi abitanti di villaggi, stavolta trovano la ferrea resistenza di un erculeo eroe che da solo, con la sua enorme clava, scaccia gli invasori a mani vuote. I tre tiranni di Babilonia, Salmanassar, Assur e la loro perfida sorella Tanit stentano a credere ai racconti dei loro soldati, ma quando scoprono che l'uomo è Ercole tentano la via dell'astuzia invitandolo a corte. Ma prima il re assiro Phaleg aveva fatto loro visita recando con sé doni ingenti per i sovrani in cambio della consegna di tutte le schiave presenti a Babilonia e della loro promessa perenne di non attaccare mai il suo regno, continuando a mantenere rapporti di stretta amicizia. Insospettiti di tanto oro offerto e della richiesta particolare, Tanit, con una droga aggiunta al vino, ottiene dal re il motivo vero della sua visita. Egli sa che è prigioniera in città la Regina degli Elleni Esperia catturata con la sua carovana, ma della cui identità egli ignora al punto che per sicurezza vuole tutte le schiave per poi con calma, una volta a casa sua, scoprire chi è la regina e sposarla per avere anche il regno dell’ Ellade ed aumentare smisuratamente il suo potere. A questo punto al risveglio viene cacciato da Babilonia e fatto attaccare sulla strada che lo riconduceva a casa. Buon per lui che Ercole di passaggio lo salvi dagli aggressori mettendoli in fuga. Il re Phaleg allora visto che quell'uomo possente può essere l'unico in grado di liberare la regina Esperia, lo incarica della missione adducendo però motivazioni diverse dalle sue reali mire. Quando Ercole avrà liberato dalle catene la regina egli interverrà con la sua cavalleria in aiuto e visto che è stato invitato a corte, gli mette a disposizione il fido Behar e alcuni suoi uomini travestiti da viandanti. Intanto a corte stanno cercando di scoprire quale sia la regina tra le schiave, ma nemmeno la tortura scioglie la lingua alle sventurate che a turno per salvare Esperia si dichiarano a loro volta regine. Ercole viene circuito da Tanit ed entra in un vortice di intrighi volti a mettere l'un contro l'altro gli avidi fratelli finché non dà inizio alle danze, mettendo in moto, su suggerimento di tanit, un enorme ingranaggio che, collegato alle fondamenta della città, mosso dalla sua incredibile forza, la fa pian piano collassare. Salmanassar che aveva ucciso il fratello Assur, viene travolto e ucciso a sua volta dalle macerie proprio mentre cercava di trafiggere sua sorella con una freccia che non riesce a scoccare. Lei cerca di fuggire con Esperia che Ercole aveva finalmente liberato, ma vengono raggiunti dagli Assiri di Re Phaleg che mostra subito le sue vere intenzioni. Ercole però lo affronta e uccide mentre gli schiavi liberati mettono in fuga il suo esercito. Tanit si dà la morte col veleno e trionfa di nuovo l'amore, la giustizia e la libertà.
Rock Stevens, culturista greco-americano nato Peter Lupus, è l'interprete ma come al solito impacciato nei movimenti e poco convincente nel ruolo dell'eroe se non fosse per una presenza fisica più che accettabile ... da fermo. In movimento è goffo e inguardabile purtroppo per noi amanti del peplum e degli eroi mitologici della nostra infanzia. Ottimo il resto del cast con la stupenda Helga Liné a primeggiare nei ruoli femminili e un sempre valido Livio Lorenzon al solito nei panni del cattivo. Tanti poi i caratteristi del periodo facilmente riconoscibili, sparsi qua e là alla bisogna nei ruoli a loro più congeniali
Ercole contro i tiranni di Babilonia
Italia 1964
Regia: Domenico Paolella
Musiche Angelo Francesco Lavagnino
con
Rock Stevens: Ercole
Mario Petri: Re Phaleg
Helga Liné: Tanit
Anna Maria Polani: Esperia
Livio Lorenzon: Salmanassar
Tullio Altamura: Assur
Franco Balducci: Mobsab
Mirko Valentin: Behar
Diego Pozzetto: Crisippo
Andrea Scotti: un pastore
Diego Michelotti: Christophisis
Rosa De Leo: Gita
e con
Pietro CeccarelliAdriano Vitale
Emilio Messina
Pietro Torrisi
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