Il brigante di Tacca del Lupo
L' Italia è fatta da poco e mancano ormai solo gli italiani con alcune decise sacche di resistenza al Sud dove le tasse imposte dal nuovo Re Piemontese e il servizio di leva obbligatorio non incontrano i favori di una popolazione restia a capire ed accettare il cambiamento drastico imposto dai vincitori. In questo contesto, gruppi di sbandati dell'ex esercito borbonico e scontenti vari danno vita a un movimento di resistenza atto a reinsediare sul trono il deposto Re Francesco II di Borbone. Considerato come brigantaggio dai nuovi funzionari governativi il fenomeno viene duramente contrastato con l'ausilio dei soldati che hanno un compito veramente difficile in un territorio impervio e poco o niente segnato nelle mappe. A Melfi il brigante Raffa Raffa ottiene la resa del paese e con i suoi calpesta la bandiera italiana deposta ai suoi piedi dalle autorità cittadine in segno di resa e ordina che tutte le tasse dei piemontesi versate al comune vengano confiscate e chiunque abbia collaborato col nuovo governo venga giustiziato. Il Comando Piemontese ordina allora al Capitano Giordani di recarsi sul luogo e dare la caccia al bandito per porre fine alle sue scorribande. Ne scaturisce una caccia all'uomo ricca di colpi di scena dove da un lato il brigante, facilitato dalla conoscenza dei suoi contrafforti naturali, tende soventi agguati e dall'altro il fiero capitano che predilige la forza con il solo risultato di sfiancare i suoi bersaglieri senza riuscire mai ad ingaggiar battaglia. Al contrario il Commissario Siceli, uomo del Sud, vuol agire con astuzia e conoscendo usi e costumi locali si avvale della preziosa collaborazione di un certo Carmine al quale Raffa Raffa ha rapito e violentato la giovane moglie. Lui e i suoi fratelli sono da sempre alle sue calcagna aspettando il momento propizio per vendicarsi del torto subito. Nessuno, nemmeno un brigante, può permettersi di portare il disonore in una casa del Sud e così una volta incrociata la compagnia del capitano, gli reca un messaggio del commissario che lo invita a seguirlo in quanto persona fidata e a conoscenza del nascondiglio della banda. I bersaglieri piombano nel campo e per i briganti è la fine con Raffa Raffa che viene ucciso in un duello al coltello dallo stesso Carmine. Giustizia è fatta e può finalmente riabbracciare la sua Zitamaria tra gli applausi dei bersaglieri. Un bellissimo film che aldilà della ricostruzione storica o politica si lascia vedere come fosse un western. Fordiano senz'altro. Col nostro John Wayne, Amedeo Nazzari, in divisa blu e sciabola sguainata o con la colt in mano, tra le rocce, nello scontro finale. Quei volti meridionali ampiamente descritti con primi piani e dettagli in un bianco e nero luminoso ed estremamente efficace, come non paragonarli a quelli degli Apache? Ecco che tutto quadra, dall'anno 1863 alle assolate e desolate rocce dove l'acqua scarseggia, dagli indomiti briganti e le loro sanguinarie scorrerie alle giacche blu dei militari. Da vedere e tramandare.
Italia 1952
Regia: Pietro Germi
Musiche: Carlo Rustichelli
con
Amedeo Nazzari: Capitano Giordani
Cosetta Greco: Zitamaria
Saro Urzì: Commissario Siceli
Fausto Tozzi: Tenente Magistrelli
Aldo Bufi Landi: Tenente Righi
Vincenzo Musolino: Carmine
Alfredo Bini: De Giustino
Amedeo Trilli: Sergente Trilli
Natale Cirino: Sindaco Lo Cascio
Paolo Reale: Ferioli
Aldo Lorenzon: Ufficiale medico
L'argomento sembra interessante...uno spaccato storico italiano in un "western" d'eccezione...
RispondiEliminal'impressione è proprio quella che si tratti di un western e per quanto detto nel post tale deve essere stata anche l'intenzione di Germi che era un appassionato dei film di Ford
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