I giganti di Roma
A nno 52 a.C., da sei anni Caio Giulio Cesare Prefetto delle Gallie combatte per sottomettere completamente le province della Gallia Transalpina al nome di Roma. La feroce e ostinata resistenza dei Galli rende vani i prodigi di valore dei Legionari Romani che si sacrificano e muoiono nel nome di Cesare ...
per porre sotto assedio Alesia, città fortificata che dispone di un numero dieci volte maggiore di uomini, deve attaccare per forza dal lato dei monti, ma alcune spie in ricognizione hanno riferito che il passaggio è difeso di una nuova e imponente macchina da guerra messa lì in previsione del loro attacco per tendergli una trappola mortale. Si rende necessaria pertanto una missione urgente di un manipolo di prodi tra i più valorosi e abili della legione per rendere inoffensiva tale minaccia. Agli ordini del coraggioso Claudio Marcello, partono Castore, il forzuto Germanico e Varo abilissimo con le lame. A loro si aggiunge strada facendo il giovanissimo Valerio che disobbedendo agli ordini ricevuti vuole diventare un vero soldato e non lo sguattero che è al campo. Infiltrati oltre le linee nemiche vengono ben presto scoperti e dopo ripetute scaramucce e fughe vengono alla fine catturati. Rinchiusi in delle caverne a disposizione del Grande Druido che vuol sapere le intenzioni di Cesare, i nostri incontrano altri due prigionieri. Con la nobile Livilla catturata mentre tentava con la sua famiglia di raggiungere le linee romane, è prigioniero il centurione Druso, unico sopravvissuto del suo reparto. Grazie alla forza erculea di Germanico, i nostri riescono ad evadere e dileguarsi nella fitta boscaglia dalla quale giorni dopo tendono un agguato a due zattere di Galli catturando un ufficiale e sua sorella. Costretto a condurli alla roccaforte della macchina bellica, l'uomo tenta la fuga venendo ucciso da Varo. Ma ormai sono in prossimità del luogo fortificato e Cesare sta per arrivare in forze come da piani previsti. Bisogna quindi agire anche se in pochi, contro un agguerrito numero a presidio, è un vero suicidio. Livilla che si è legata sentimentalmente a Claudio viene da questi indirizzata verso le linee romane per salvarsi mentre lui e i suoi con uno sforzo sovrumano riescono a sabotare la pesante macchina, una enorme catapulta in grado di lanciare sui romani sottostanti micidiali scariche di materiale incendiario. Solo Claudio seppur malconcio è riuscito a sopravvivere e soddisfatto va incontro a Cesare che lo accoglie con la festante Livilla che corre ad abbracciarlo. Per lui la guerra è finita e si sposerà con Livilla nel tempio della Dea Roma come disposto da Cesare.
Nonostante la storpiatura di una pagina storica straordinaria come l'assedio di Alesia citato ad inizio, ne vien fuori un buon film di avventura più simile come storia a I cannoni di Navarone dove un ristretto gruppo si immola per distruggere un'arma devastante. L'azione non manca ed è quasi sempre di buona fattura per quei tempi, comprese scene di massa e riprese subacquee nell'agguato teso alle due zattere nemiche. Richard Harrison è al solito impeccabile, spero gli abbiano dato la cittadinanza onoraria italiana e le chiavi di Roma, per la sua lunghissima carriera cinematografica sulle sponde del Tevere. Con lui il consueto stuolo di comprimari e caratteristi nostrano, con ruolo di rilievo per l'eterno scagnozzo Goffredo "Fredy" Unger.
I giganti di Roma
Italia, Francia 1964
Regia: Antonio Margheriti
Musiche Carlo Rustichelli
con
Richard Harrison: Claudio Marcello
Wandisa Guida: Livilla
Ettore Manni: Castore
Philippe Hersent: Druso
Rulph Hudson: Germanico
Nicole Tessier: Edua
Goffredo Unger: Varo
Renato Baldini: Gran Druido
Piero Lulli: Pompeo
Alessandro Sperlì: Giulio Cesare
Aldo Cecconi: Briano
Gianni Solaro: Cicerone
Alberto Dell'Acqua: Valerio
e con
Maurizio Conti
Jean Claude Madal
Renato Montalbano
Claudio Scarchilli
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