Il grande silenzio
W estern non convenzionale nel panorama del genere nostrano e che Sergio Corbucci, avvalendosi di un ottimo cast, ha saputo dirigere così bene da farlo diventare un cult. Abbandonate le assolate praterie delle location spagnole, sceglie le straordinarie vette dolomitiche e i paesaggi innevati del Cadore e dell'Ampezzano, per dare vita ad una storia che come vedremo esce completamente fuori dagli stereotipi ai quali siamo stati abituati. A Snow Hill, una piccola cittadina di montagna nei pressi del confine col Messico, con la neve che la stringe in una morsa, si sono insediati numerosi cacciatori di taglie, tra i quali Tigrero è il più feroce e avido di soldi. Sono lì per catturare vivi o morti, decine di banditi che patiscono la fame nei boschi circostanti, alcuni dei quali costretti a rubare per necessità a causa del rigido inverno e delle speculazioni in prestiti che il bieco Pollycut, commerciante e giudice di pace al tempo stesso, ha esercitato su di loro. Il Governatore vorrebbe porre fine a questa incresciosa situazione, emanando un' amnistia generale che induce i cacciatori ad agire prima che la medesima abbia effetto sui loro sporchi affari. Solo Silenzio, un pistolero che deve il suo nome al fatto di essere muto, ma anche perchè "dopo che passa lui resta solo il silenzio della morte", può porre fine a quel clima di terrore. Tigrero lo sa bene e sa anche che con lui non bisogna mai estrarre prima la pistola, per non venire ucciso con i crismi della legittima difesa, come accaduto a tanti suoi "colleghi" che hanno sfidato Silenzio e la sua micidiale Mauser. Per questo gli tende vigliaccamente un agguato dopo aver radunato altri cacciatori per dargli man forte. Poi dopo aver catturato per fame tutti i ricercati della zona, promette di risparmiarli se Silenzio accetterà e lo batterà a duello. Ferito e malconcio Silenzio non si sottrae alla sfida venendo ripetutamente colpito a tradimento al corpo e alle mani dai cacciatori di taglie e ricevendo il colpo di grazia dallo stesso Tigrero, che gli prende la pistola come trofeo e cinicamente infierisce su tutti i prigionieri uccidendoli. Il freddo li conserverà il tempo necessario per riscuotere le loro taglie.
Il cattivo, un Klaus Kinski più diabolico che mai, trionfa vigliaccamente sul buono Jean-Louis Trintignant lasciando l'amaro in bocca a molti. Tra questi sicuramente non c'è l'amico +Maurizio De Polo che recentemente si diceva stanco dei soliti finali dove prevale sempre il positivo. Parimenti si chiedeva se fosse mai stato girato un "canederlo-western" e come da me preannunciato eccolo accontentato. Vonetta McGee esordisce sul grande schermo portando per la prima e rarissima volta, una donna protagonista di colore nel genere "spaghetti". Questo post vuole ricordarla come la gran parte dei protagonisti di questo film non più tra noi.
Italia, Francia 1968
Regia: Sergio Corbucci
Musiche Ennio Morricone
con
Jean-Louis Trintignant: Silenzio
Klaus Kinski: Tigrero
Frank Wolff: Sceriffo Gideon Corbett
Luigi Pistilli: Pollycut
Vonetta McGee: Pauline Middleton
Jaques Toulouse: Miguel
Maria Mizar Ferrara: madre di Miguel
Marisa Merlini: Régine
Carlo D'Angelo: Governatore
Mario Brega: Martin
Spartaco Conversi: Walter
Remo De Angelis: falso sceriffo
Mirella Pamphili: ragazza del Saloon
Raf Baldassarre: Bounty Hunter
Pensa zio una mia amica di Bolzano si chiama Vonetta ... nome che le fu dato dai suoi genitori in onore dell'attrice di questo canederlo-western ... tutto torna ... :D
RispondiEliminavedi!! lo zio ha sempre ragione .. come José
RispondiElimina;-))
Corbucci, un ottima regia, per un film unico nel genere Spaghetti-Western (o Lasagna o Canederlo), davvero un ottimo spaghetto. L'originalità del film si capisce subito dalla prima inquadratura, il bianco candore (di Cadore) della neve occupa tutto lo schermo, poi dei Bounty Killer che si nascondono tra la neve e subito dopo lui, il protagonista, Silenzio, che con fare sereno si avvicina a cavallo nella valle innevata in quella che sarà una trappola. Ecco quindi che il campo di allarga e si intravedono le vette dolomitiche.
RispondiEliminaA primo acchito, qualche puritano del Western potrebbe storcere il naso: mai visti western fuori dalle "assolta praterie", invece devo esser sincero, la neve è stato un colpo di genio di Corbucci, rende il film unico e in qualche modo affascinante. La mia tesi è confermata anche dalla scelta del grande Quentin Tarantino di ambientare in un paesaggio innevato una parte del suo ultimo film, Django Unchained.
Altro elemento a mio avviso distintivo del film è l'inaspettato finale (senza volerlo svelare), che lascia con l'amaro in bocca.
La trama nel suo complesso è, seppur semplice, ben strutturata, ovvero scorrevole e appassionante. Unica forzatura è a mio avviso l'innamoramento della giovane vedova (Vonnetta), che subito dopo aver perso il marito decide di consolarsi con il protagonista, tra amore ed altro....però questo è un mio parere. Da elogiare l'ottima interpretazione di Klaus Kinski, che nella parte del cattivo è perfetto.
In definitiva lo ritengo un film da vedere anche da chi non ama il genere, a maggior ragione dopo l'uscita di Django Unchained che ne ha certificato il valore cinematografico.