I quattro monaci
G iocondo, un truffatore con molte idee e per lo più balzane e infruttuose, stavolta ha escogitato un piano che può fargli guadagnare molti soldi senza tanti rischi. Ha appena letto sul giornale che molti profughi dall'Ungheria sono stati accolti in Italia e per loro è stata stanziata una discreta somma dal governo. Così pensa di travestirsi da frate e spacciarsi con altri tre compari per religiosi scampati al regime comunista e fuggiti in Italia dove possono aiutare nell’ opera di accoglienza verso altri sfortunati fuggiti come loro. Ma il vescovo invece di dar loro uno stabile e dei soldi per iniziare, li spedisce in un convento in Sicilia, dove scoprono che la vita al suo interno è fatta principalmente di privazioni e preghiere. Crispino, Martino e Gaudenzio capiscono subito che l'idea non è stata delle migliori specie per il fatto che non si mangia nemmeno e si dorme sul tavolaccio per fare penitenza. Ma un fatto accaduto nell'orto del convento, accende in Giocondo un'altra brillante idea, quando scopre che la figlia dell'ortolano si vede di nascosto col Barone Cimino: Fifì per gli amici. Il burbero padre vorrebbe ammazzarla per il disonore e solo l'intervento risoluto dei finti frati evita il peggio. L'uomo è disperato perché la ragazza è promessa in sposa al malavitoso Saro da Messina, emigrato in America dove si è già fatto una fama di pericoloso gangster e sta per tornare al paese dove, se scoprisse la tresca, succederebbe un putiferio. Senza poi contare che un umile contadina come sua figlia non può certo ambire ad un nobile come il barone. Giocondo si offre di sistemare le cose con la sua idea brillante che consiste nello spacciare Gaudenzio per Saruzzo vista la sua incredibile somiglianza. Così, abbandonato il saio nelle ore diurne e vestito di tutto punto, si presenta in paese strafottente facendo credere di essere tornato dall'America e incutendo subito timore reverenziale nella gente. I suoi tre compari nelle vesti di frati questuanti iniziano subito la "cerca" raccogliendo ricche elemosine grazie all'aiuto di Gaudenzio, che nei panni del terribile Saruzzo, impone ai commercianti di donare molto più del solito. Le cose vanno bene e in convento, il padre priore del tutto ignaro, apprezza molto la raccolta copiosa di viveri che i nuovi fraticelli portano nei loro giri. Questi vedono bene di alzare la posta e iniziare a chiedere ricche somme in denaro, un po' per ricatto approfittando di faccende piccanti paesane e un po' come vere e proprie estorsioni alle quali sembra opporsi il solo Massaro Calogero che tuttavia viene spesso reso inoffensivo dal geniale intervento di Martino e della sua provvidenziale fionda. Ma tutto precipita quando in paese giunge il vero Saruzzo e scopre che la sua ragazza vuol sposare il Barone, riuscendo solo a farsi malmenare dai frati e dall'infuriato Massaro Calogero che può finalmente vendicarsi. L'attività dei finti frati viene però scoperta e i quattro finiscono in tribunale dove metà della popolazione deporrà a loro favore mentre l'altra contro, col risultato che i quattro si beccheranno un anno di galera durante il quale, Giocondo escogiterà un'altra idea, quella di travestirsi da religiosi di alto rango e truffare comitive di turisti a San Pietro nel finale di questa divertente commedia.
Quattro grandi comici del nostro cinema diretti con maestria dal Bragaglia che l'anno successivo li utilizzerà nei panni dei Quattro Moschettieri. Con loro tanti ottimi caratteristi a contorno di una storia che non può che rallegrare per un'ora e mezza oltre a testimoniare un'Italia che non c'è più.
Italia 1962
Regia: Carlo Ludovico Bragaglia
Musiche Armando Trovajoli
con
Aldo Fabrizi: Fra' Giocondo
Peppino De Filippo: Fra' Crispino
Erminio Macario: Fra' Martino
Nino Taranto: Fra' Gaudenzio
Nino Terzo: Massaro Calogero
Carlo Taranto: Saruzzo Messina, il mafioso
Umberto Spadaro: l'ortolano
Luciana Gilli: la figlia dell'ortolano
Linda Sini: la moglie del farmacista
Pino Ferrara: il farmacista
Lidia Martora: la baronessa Cimino
Franco Ressel: il barone Cimino, "Fifì"
Roland Bartrop: il padre priore
Enzo Petito: il padre guardiano
Piero Vivaldi: il macellaio
Pietro Carloni: il fruttivendolo
Renato Gaizzi: un paesano
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