I quattro dell' Apocalisse
Lucio Fulci, figura poliedrica dello spettacolo nazionale ha spaziato dalla canzone di successo come paroliere, al cinema comico del duo Franco e Ciccio, per passare al western e terminare la sua carriera con gialli e horror tanto da divenire regista cult del genere con tanti estimatori, non si sa bene se grazie a Tarantino o per proprie doti che francamente non riesco a cogliere. Ma il blog prima e il sottoscritto poi non hanno certo pretese di critici cinematografici, solo quelle di assidui spettatori appassionati e con qualche anno di visioni alle spalle. Intanto riesce difficile capire come questo film sia stato inserito in una retrospettiva qualche anno fa a Venezia, comprendente 32 film e dedicata al western nazionale, ma in genere è difficile comprendere il senso del Festival di per sé e questo ci porterebbe fuori strada.
Il film è senz'altro atipico, siamo quasi alla fine del genere e già in questo si avverte la "strada di sangue" che prenderà il regista che è poi quella che dicevamo e che conta oggi una nutrita schiera di cultori. Venne bollato dalla censura e dovette subire parecchi tagli per uscire nelle sale italiane mentre la versione per l'estero è tuttora intonsa. Nonostante i tagli il film è violento e intriso di efferatezze di ogni genere ma ha un grandissimo Tomas Milian che recita in inglese e si doppia in italiano con la sua inconfondibile voce. Lui è Chaco, un violento e sadico personaggio, reso magistralmente, quasi hippy nel vestire e diabolico nell'agire. Appiedato incontra un carro con quattro derelitti, appena scampati ad un linciaggio-strage e fuggiti dal villaggio di Salt-Flat. Lui è armato fino ai denti e promette di procacciar cibo a tutta la squinternata brigata. Nella quale spicca il Clark Gable nazionale, al secolo Fabio Testi, stesse "recchie e sventola" ma indietro di recitazione parecchi anni, che è Stubby, un giocatore di professione. Con lui una prostituta incinta, Bunny, un negro, Bud, suonato come una campana e in contatto coi morti e dulcis in fundo, Clem un alcolizzato senza speranza. Dopo aver sterminato anatre, fagiani e lepri con colpi da maestro, il buon Chaco decide di prendersi il carro, di violentare la donna e di azzoppare l'ubriacone. Stubby e Bud, legati a terra aspettano di essere sbranati dai coyotes o ustionati dal rovente sole del deserto. Riescono comunque a liberarsi e ha inizio una delle odissee più lunghe e insignificanti possano esistere in un film. Senza viveri e acqua con una donna incinta e una barella per trasportare il ferito, i quattro vagano sotto il sole cocente per giorni. Passano anche sul luogo di un massacro perpetrato dallo stesso Chaco a danno di una carovana di pacifici mormoni e giungono finalmente in un villaggio abbandonato dove in un crescendo di assurdità ci prepariamo al finale. Qui muore Clem a causa delle ferite, magari se moriva prima si sarebbero risparmiati la fatica di trasportarlo, ma la topica arriva quando Bud, ormai sbarellato del tutto nel villaggio fantasma, che forse sarà stato pieno di spiriti, va a sotterrare il povero Clem e se ne ritorna con un bel pezzo di carne che dice appartenere a un grosso animale da lui abbattuto e dopo aver mangiato a sazietà scoprono invece che era del povero Clem. Stubby e la donna decidono che ormai Bud è perso e lo lasciano coi suoi fantasmi nel villaggio per proseguire a piedi ed arrivare stremati in una cittadina mineraria dove Bunny partorisce e muore. Non ci credevate quando vi parlavo di odissea e tragedia, ma qui siamo ben oltre. Il bimbo viene affidato alle cure degli abitanti e Stubby finalmente tira fuori le palle e, armatosi di tutto punto, decide di porsi sulle tracce di Chaco e la fortuna o i tempi ormai stringenti del film, fan si che scorge il suo carro fuori da un ranch e nell'irruzione che segue riesce a vendicarsi del sadico messicano.
Su tutto e tutti vale la pena ricordare l'ennesima interpretazione di uno dei più eclettici attori ma visti sullo schermo, quel Tomas Milian che vi dicevo all'inizio e che con assoluta certezza per me rappresenta il Johnny Depp degli anni settanta o se volete Johnny è il Tomas Milian del duemila.
Il film è senz'altro atipico, siamo quasi alla fine del genere e già in questo si avverte la "strada di sangue" che prenderà il regista che è poi quella che dicevamo e che conta oggi una nutrita schiera di cultori. Venne bollato dalla censura e dovette subire parecchi tagli per uscire nelle sale italiane mentre la versione per l'estero è tuttora intonsa. Nonostante i tagli il film è violento e intriso di efferatezze di ogni genere ma ha un grandissimo Tomas Milian che recita in inglese e si doppia in italiano con la sua inconfondibile voce. Lui è Chaco, un violento e sadico personaggio, reso magistralmente, quasi hippy nel vestire e diabolico nell'agire. Appiedato incontra un carro con quattro derelitti, appena scampati ad un linciaggio-strage e fuggiti dal villaggio di Salt-Flat. Lui è armato fino ai denti e promette di procacciar cibo a tutta la squinternata brigata. Nella quale spicca il Clark Gable nazionale, al secolo Fabio Testi, stesse "recchie e sventola" ma indietro di recitazione parecchi anni, che è Stubby, un giocatore di professione. Con lui una prostituta incinta, Bunny, un negro, Bud, suonato come una campana e in contatto coi morti e dulcis in fundo, Clem un alcolizzato senza speranza. Dopo aver sterminato anatre, fagiani e lepri con colpi da maestro, il buon Chaco decide di prendersi il carro, di violentare la donna e di azzoppare l'ubriacone. Stubby e Bud, legati a terra aspettano di essere sbranati dai coyotes o ustionati dal rovente sole del deserto. Riescono comunque a liberarsi e ha inizio una delle odissee più lunghe e insignificanti possano esistere in un film. Senza viveri e acqua con una donna incinta e una barella per trasportare il ferito, i quattro vagano sotto il sole cocente per giorni. Passano anche sul luogo di un massacro perpetrato dallo stesso Chaco a danno di una carovana di pacifici mormoni e giungono finalmente in un villaggio abbandonato dove in un crescendo di assurdità ci prepariamo al finale. Qui muore Clem a causa delle ferite, magari se moriva prima si sarebbero risparmiati la fatica di trasportarlo, ma la topica arriva quando Bud, ormai sbarellato del tutto nel villaggio fantasma, che forse sarà stato pieno di spiriti, va a sotterrare il povero Clem e se ne ritorna con un bel pezzo di carne che dice appartenere a un grosso animale da lui abbattuto e dopo aver mangiato a sazietà scoprono invece che era del povero Clem. Stubby e la donna decidono che ormai Bud è perso e lo lasciano coi suoi fantasmi nel villaggio per proseguire a piedi ed arrivare stremati in una cittadina mineraria dove Bunny partorisce e muore. Non ci credevate quando vi parlavo di odissea e tragedia, ma qui siamo ben oltre. Il bimbo viene affidato alle cure degli abitanti e Stubby finalmente tira fuori le palle e, armatosi di tutto punto, decide di porsi sulle tracce di Chaco e la fortuna o i tempi ormai stringenti del film, fan si che scorge il suo carro fuori da un ranch e nell'irruzione che segue riesce a vendicarsi del sadico messicano.
Su tutto e tutti vale la pena ricordare l'ennesima interpretazione di uno dei più eclettici attori ma visti sullo schermo, quel Tomas Milian che vi dicevo all'inizio e che con assoluta certezza per me rappresenta il Johnny Depp degli anni settanta o se volete Johnny è il Tomas Milian del duemila.
I quattro dell' Apocalisse
Italia 1975
Regia: Lucio Fulci
Soggetto & Sceneggiatura: Ennio De Concini
con
Fabio Testi: Stubby Preston
Tomas Milian: Chaco
Lynne Frederick: Bunny
Michael J. Pollard: Clem
Harry Baird: Bud
Prima di morire recensiró non si sevizia un paperino in cui fulci dirige non solo milian ma ancheuna bellissima barbara bouchet.
RispondiEliminafulci e milian sono duecapisali del cinema di genere con venature impegnate degli anni settanta ottanta
dire che ho postato fulci per te è superfluo ;-))
RispondiEliminaChe tenerone .....;-)
RispondiEliminaStraordinario capolavoro fulciano, un unicum incollocabile nel western all'italiana, di insuperata potenza visuale e simbolica. Visione che non lascia indifferenti. Sola pecca un cast non del tutto all'altezza (anche se Testi tiene botta). La musica, apparentemente incongrua, finisce per essere un altro punto di forza. Fondamentale. Evitare come le mine antiuomo la versione televisiva.
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