Il ritorno del gladiatore più forte del mondo
I ntorno all'anno 310 dopo Cristo la storia di Roma è storia di intrighi militari, rivalità, ribellioni. Le invasioni barbariche si ripetono sempre più numerose e minacciose. In molte regioni si accentuano le tendenze separatiste con l'affievolirsi del sentimento dell'unità dello stato, nonostante l'estensione della cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi entro i confini dell'Impero, sancita dalla CONSTITUTIO ANTONINIANA.
Gli attacchi alle frontiere si susseguono con sempre maggior accanimento e Tullio Valerio, uno dei due governatori delle remote provincie germaniche, manda il fido Marzio, nominandolo Tribuno, a Roma affinché prenda ordini sul da farsi e richieda rinforzi. Appare chiaro infatti che l'altro governatore, Caio Appio Quintilliano stia tramando contro Roma per porre fine al suo dominio nella zona, alleandosi con i Germani, molti dei quali fanno parte stabile dei suoi ranghi. Anche nella capitale sono arrivate le voci di tale minaccia, per cui si incarica Marzio di indagare presso Caio, forte anche delle sue origini germaniche, della sua conoscenza della loro lingua e del passato di gladiatore. Con il sigillo imperiale che gli assicura un lascia passare e poteri assoluti, Marzio parte per la missione portandosi il fido Claudio e un lestofante chiamato la Volpe per la sua astuzia incredibile. I tre dopo alterne vicende scopriranno il tradimento di Caio e lo scontro tra le opposte fazioni sarà inevitabile. Marzio fa appello alle forze romane nelle fila di Caio e con loro, unitisi all'armata di Valerio, danno vita ad una imponente battaglia. Tuttavia le loro sorti sarebbero segnate di fronte alle preponderanti forze nemiche, se non giungessero da Roma i rinforzi che la Volpe aveva provvidenzialmente richiesto recandosi, secondo il piano prestabilito, da solo al Senato e forzandolo a far valicare le Alpi in stagione non propizia. Caio è morto sul campo nello scontro personale contro Marzio e l'ordine romano è ristabilito. Ma è solo questione di tempo.
Adalberto Albertini con lo pseudo di Al Albert dirige e cura la sceneggiatura di questa sua incursione unica nel genere peplum storico, denotando grandi capacità nelle scene di massa, con battaglie ben riprese e movimenti di eserciti convincenti. Si avvale del culturista Brad Harris, che sfoggia anche una invidiabile tartaruga, tanto di moda e apprezzata oggi, quanto poco notata ieri dove si prediligevano i bicipiti e le spalle agli addominali. Con lui bravi caratteristi come il simpatico Raf Baldassarre e comprimari che preferiscono apparire con nomi fittizi: Albert Farley per Alberto Farnese e nientepopodimenoche John Barracuda per Massimo Serato. Pseudo quest'ultimo che mai avrei immaginato fosse il suo. Del resto era in scena riconoscibilissimo ma il suo nome non appariva nei crediti, vai a capire che era quel John Barracuda apparso in testa.
Italia 1971
Regia: Adalberto "Bitto" Albertini
Musiche Sergio Pagoni
con
Brad Harris: Marzio
Massimo Serato: Caio Appio Quintilliano
Paolo Rosani: Claudio
Alberto Farnese: Tullio Valerio
Raf Baldassarre: Volpe
Michel Lemoine: Servio
Maria Pia Conte: Licia
Adler Gray: Diana
Margaret Rose Keil: sorella di Caio Appio
Attilio D'Ottesio: Manlio, padre di Licia
Carla Mancini: donna cristiana alle Catacombe
Filippo Perego: padre di Diana
Sergio Serafini: soldato
Artemio Antonini: soldato Romano
non accreditati
Fortunato Arena: Igor
Omero Capanna: soldato nella taverna
Giovanni Cianfriglia: soldato nella taverna
Veriano Ginesi: guardia aguzzino
Roberto Messina: soldato nella taverna
Attilio Severini: soldato Romano
Sergio Testori: soldato nella taverna
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