La rossa ombra di Riata
Si ha la netta impressione di trovarsi di fronte ad uno spaghetti western nostrano fin dalle prime battute anche se il risultato complessivamente non va oltre un banale scimmiottamento. A partire dal bandito chiamato "rotaia" per via di un pezzo di binario al posto della mano amputata, cosa che risulta ridicola e improponibile. Poi il sangue che scorre a fiumi, o meglio la vernice appoggiata lì sulle guance senza un'idea di ferita dalla quale può sgorgare questo sangue-vernice o salsa di pomodoro che sia. Peccato perché c'era un cast di tutto rispetto a partire dai due protagonisti, Richard Harris e Rod Taylor ai quali si unisce Al Lettieri e una coppia di caratteristi tra i migliori quali Neville Brand, “rotaia” appunto, e William Smith. Senza parlare degli esterni "naturali" di Messico e California che fanno impallidire i ns maremmani o gli spagnoli almeriani. Ma tant'è e nonostante questi ingredienti il regista è riuscito a massacrare un film e un genere tra i più popolari. La storia è di quelle già viste ma pur sempre intrigante se svolta come si deve. A Santa Rosa c'è uno sceriffo, Sean Riata, che impone la legge senza l'uso di armi che odia e rifugge e tutto fila liscio finché Frank Brand e i suoi tre compari non decidono di assaltare la locale banca. Per coprirsi la fuga si fanno scudo col figlioletto di Sean che muore drammaticamente con la madre mentre cercava inutilmente di aggrapparsi al cavallo. Accecato dal dolore Sean inizia una caccia spietata che lo porta in Messico sulle loro tracce e dove incontra Gutierrez, un magistrato locale che è anch'egli all’inseguimento del bandito ricercato anche in Messico. Il rapporto che si instaura tra i due è di reciproca stima ma la fermezza del messicano, nel voler fare giustizia secondo la legge e i suoi gradi di processo, non si concilia con l'odio e il desiderio di vendetta di Sean. Ne nasce un conflitto che porterà il messicano ad ammazzare Sean dopo avergli intimato inutilmente di fermarsi perché in arresto per l'uccisione di Frank Brand. Finale che naturalmente lascia l'amaro in bocca e al quale si giunge banalmente con ritmo lento esasperato da soventi ricorsi all'introspezione psicologica dei personaggi a scapito naturalmente dell'azione. Il quartetto in occasioni diverse muore in circostanze non certo epiche ed esaltanti e il risultato finale lascia alquanto a desiderare con buona pace di RAI MOVIE che ne decantava le lodi e l'occasione unica di vedere questo film meno noto nella loro programmazione.
The Deadly TrackersStati Uniti 1973
Regia: Barry Shear
con
Richard Harris: Sceriffo Sean "Riata" Kilpatrick
Rod Taylor: Frank Brand
Al Lettieri: Gutierrez
Neville Brand: Rotaia
William Smith: Gorilla
Paul Benjamin: Jacob
Pedro Armendáriz Jr.: Herrero
Isela Vega: Maria
Kelly Jean Peters: Katharine Kilpatrick
Sean Marshall: Kevin Kilpatrick
William Bryant: Vice sceriffo Bill
Read Morgan: Vice sceriffo Bob
Joan Swift: Insegnante
Ray Moyer: Prete
Armando Acosta: Mole
Pepe Chavez: Prete messicano
John Kennedy: Bancario a Santa Rosa
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