Il vedovo
Commedia intelligente sui vezzi dell'Italia del boom e con toni neri nel finale tragicomico. Diretta magistralmente da Dino Risi ai avvale di un Alberto Sordi in grandissima forma e tale da rendere alla perfezione la parte dell' industrialotto romano trapiantato a Milano e che scimmiotta assai maldestramente i cummenda lumbàrd carichi di dané, gente che al contrario di lui, inseguito dai creditori e sommerso da cambiali in scadenza, ha fatto i soldi in virtù di fiuto degli affari e spesso partendo da zero. Cosa che Alberto Nardi non ha e la sua azienda di ascensori è sull' orlo del fallimento. L'unica speranza di ottenere finanziamenti da parte delle banche è legata alla firma di avvallo di sua moglie, la ricchissima Elvira Almiraghi, che tuttavia stanca dell'incapacità del marito ha chiuso i rubinetti anche se finanzia da usuraia le sue attività avvalendosi di un ragioniere intermediario. Anche sua madre è stanca di quel genero ma la Sciùra Elvira non ne vuol sapere del consiglio di mammà di divorziare: "Il divorzio? No. Ho sposato un cretino, e me lo tengo. Ognuno ha la sua croce." Alberto dal canto suo, megalomane e con smisurati propositi, sogna di rimanere vedovo augurandosi la dipartita della moglie in maniera rapida ed indolore. Si consola con Gioia, una bellissima ragazza che frequenta a casa sua con mamma Italia e sorelle che altrettanto arriviste, sperano in un prossimo accasamento con conseguente miglior tenore di vita per tutte. E sembra proprio che i sogni si stiano avverando quando al telegiornale trasmettono la ferale notizia del deragliamento di un treno diretto in Svizzera e conseguente rovescio dell'ultima carrozza in fondo al lago. Proprio quella carrozza letto dove alloggiava la sciùra Elvira diretta in Svizzera a far visita alla madre. E' fatta! Con fiera compostezza e simulando un dolore senza fine, Alberto gongola in realtà per l'imminente eredità e in attesa della salma organizza una veglia funebre nella villa muliebre. Nel frattempo prende anche conoscenza delle entrate dell'annessa fattoria e sogna futuri investimenti o cambi di attività rispetto a quelli prospettati dal fedele fattore al quale non manca una bella e prosperosa figlia da insidiare, anche se nella triste circostanza a ricevere gli ospiti ci sta pensando in abiti discinti la sua amante Gioia. Ma ecco che spunta all'improvviso come un fantasma la signora Elvira e per poco Alberto ci resta secco. Lei era andata in auto, non aveva preso quel treno. Pertanto siamo di nuovo da capo e di tempo ce n'è poco per soddisfare i creditori. Riavutosi dopo un breve periodo, in ritiro spirituale da padre Agostino che lo aveva sposato anni prima, se ne torna rasserenato e apparentemente senza le solite preoccupazioni o assilli. Il motivo è molto semplice, ha elaborato un diabolico piano per liberarsi della moglie senza destare sospetti. Quell'incidente ferroviario che poteva cambiargli in meglio la vita gliene ha suggerito un altro che prende spunto proprio dalla sua attività di produttore di ascensori. Cosa c'è di meglio che sabotare quello della propria abitazione posta al 19° piano? Complici alcuni suoi tecnici, speranzosi di vedere in questo modo pagati stipendi arretrati che altrimenti sarebbero andati perduti nel fallimento, il piano viene preparato accuratamente. Ma per una serie di contrattempi sarà invece Alberto a sfracellarsi di sotto con la immortale sciùra che gli allestirà un costoso funerale mentre i suoi complici, mesti all'accompagno della salma, si domandano cosa non abbia funzionato. Detto di Alberto Sordi, una grandissima Franca Valeri e una bellissima Leonora Ruffo. Livio Lorenzon, maestro d'armi e interprete di tanti film di avventura, qui nell'insolito ruolo di impiegato, ancorché nobile e fedelissimo di Alberto che può contare anche sull'aiuto dello zio autista, il bravo e simpatico Nando Bruno. Alberto Rabagliati canta, Angela Luce è sempre bona anche come figlia del fattore, Gigi Reder non è ancora Filini e Tito Stagno fa il giornalista TV.
Italia 1959
Regia: Dino Risi
con
Alberto Sordi: Alberto Nardi
Franca Valeri: Elvira Almiraghi in Nardi
Livio Lorenzon: il marchese ragionier Stucchi
Leonora Ruffo: Gioia
Nando Bruno: lo zio di Nardi
Nanda Primavera: Italia, mamma di Gioia
Artemide Scandariato: Iride, sorella di Gioia
Paola Patrizi: la piccola "Lolita", sorella di Gioia
Mario Passante: il ragionier Lambertoni
Enzo Petito: il tecnico Fritzmayer
Ruggero Marchi: il commendator Fenoglio
Eugenio Maggi: padre Agostino
Gigi Reder: l'avvocato Girondi
Enzo Furlai: Giordano, il fattore
Angela Luce: Margherita, figlia del fattore
Ignazio Leone: il portiere
Rosita Pisano: la segretaria di Nardi
Alberto Rabagliati: sé stesso
Ignazio Dolce: l'autista della signora Almiraghi
Andrea De Pino: l'ufficiale giudiziario
Carlo Di Maggio: il dottor Vinelli
Tito Stagno: il giornalista
Ruggero Marchi col suo Comm. Fenoglio è la perfetta caricatura dell'indistriale milanese dell'epoca :D
RispondiEliminavale la pena sottolinearlo in questa bella recensione che l'aveva trascurato
Carlo G.