Questa è la vita
Quattro episodi tratti da novelle del Pirandello per i cinquant'anni della Titanus e affidati a quattro diversi registi per personali e divertenti interpretazioni. Si comincia con
La giara, per la regia di Giorgio Pàstina
Zi' Dima, il mastro del paese, passando per caso nei pressi della fattoria di Don Lolò Zirafa, viene pregato di riparargli una preziosa giara per contenere l'olio, appena acquistata e rottasi. Lui si dice abbia un mastice portentoso e di sicuro potrà ripararla. Ma una volta entrato al suo interno e incollato da dentro la parte rotta, si accorge di non poter più uscire. Colpa del costruttore che ha fatto un collo stretto o sua che non ha pensato prima di agire? Lui asserisce di essere entrato e uscito da tutte le giare riparate in 30 anni di lavoro mentre l'infuriato padrone non vuole farlo uscire per non doverla rompere di nuovo, pretendendo addirittura un indennizzo che l'artigiano non vuole sborsare essendo disposto "a farci i vermi lì dentro" piuttosto che pagarlo. Situazione insostenibile e paradossale anche per l'avvocato Scimé che costringe il suo cliente Don Lolò a far rotolare la giara per un dirupo mandandola a rompersi contro un ulivo liberando al tempo stesso il frastornato ma illeso zi' Dima, assistito e festeggiato da tutti i contadini presenti.
Il ventaglino, regia di Mario Soldati
Tuta una ragazza madre sfrattata sta piangendo il suo misero stato con una passante ai giardini pubblici la quale mossa a pietà le dona un pezzo di pane accomiatandosi. Un'altra ricca signora, dopo che il suo bambino ha gettato il pane del piccolo e povero coetaneo facendolo piangere, dona alla povera Tuta un paio di monete. La donna sulle prime pensa di comprarci del cibo per il suo piccolo ma il gran caldo che la attanaglia le fa scegliere un ventaglino di carta da un ambulante di passaggio. Adesso il problema maggiore è il sollievo dal caldo, pensa lei, "al resto Dio provvederà".
La patente, diretto da Luigi Zampa
Rosario Chiarchiaro, considerato da tutti in paese uno iettatore e per questo anche licenziato, per sbarcare il lunario e sfamare tre figlie e assistere una moglie invalida si inventa una strana e sinistra professione: quella dello iettatore appunto. Per farlo ha bisogno di una partente, un attestato che solo un giudice può dargli. Avendo denunciato diverse persone per averlo considerato tale e fiducioso della loro testimonianza in tal senso a processo, viste anche le disgrazie effettive capitate a diversi di loro, conta di iniziare la sua attività dettando a sua figlia un tariffario delle sue "prestazioni". Ad esempio fermandosi davanti ad un negozio, otterrebbe di sicuro dei soldi dal negoziante per spostarsi magari davanti al negozio del rivale e così via con un dettagliato prezzario per tutte le occorrenze.
Marsina stretta, regia di Aldo Fabrizi
Un professore di taglia robusta deve fare da testimone di nozze ad una sua ex allieva che ha particolarmente a cuore. Per non andare con il solito e sdrucito "doppio grigio" si fa prestare da un ex colonnello suo vicino di casa una marsina che gli impedisce ogni movimento essendo molto stretta. Conta di sbrigarsela in un paio d'ore e di resistere per quel tempo visto che non vede l'ora di tornarsene a casa non abituato ad andare in giro bardato e paludato in quel modo. Ma la sua allieva è colpita da un improvviso lutto e tutto rischia di andare all'aria, con la famiglia del suo sposo pronta a sospendere tutto al momento e chissà forse per sempre con grande dispiacere della ragazza che teme di perdere il suo amato. Ma ecco il professore prendere decisamente in mano la situazione e imporre a tutti il matrimonio incontrando il favore dei due giovani sposi e accompagnandoli all'altare in fretta e furia che la marsina sta andando letteralmente in pezzi.
Quest'ultimo con un grande Aldo Fabrizi e l'episodio con Totò sono i più divertenti con gli altri due comunque di grande presa specie il bravissimo Turi Pandolfini imprigionato nella giara resta nei ricordi di un certo cinema e di una pregevole letteratura studiata a scuola all'epoca (non so oggi). Come quel Totò di nero vestito con tanto di occhiali anch'essi neri e bastone con pomello da gufo che resta indelebile e divertita memoria in tutti noi.
La giara, per la regia di Giorgio Pàstina
Zi' Dima, il mastro del paese, passando per caso nei pressi della fattoria di Don Lolò Zirafa, viene pregato di riparargli una preziosa giara per contenere l'olio, appena acquistata e rottasi. Lui si dice abbia un mastice portentoso e di sicuro potrà ripararla. Ma una volta entrato al suo interno e incollato da dentro la parte rotta, si accorge di non poter più uscire. Colpa del costruttore che ha fatto un collo stretto o sua che non ha pensato prima di agire? Lui asserisce di essere entrato e uscito da tutte le giare riparate in 30 anni di lavoro mentre l'infuriato padrone non vuole farlo uscire per non doverla rompere di nuovo, pretendendo addirittura un indennizzo che l'artigiano non vuole sborsare essendo disposto "a farci i vermi lì dentro" piuttosto che pagarlo. Situazione insostenibile e paradossale anche per l'avvocato Scimé che costringe il suo cliente Don Lolò a far rotolare la giara per un dirupo mandandola a rompersi contro un ulivo liberando al tempo stesso il frastornato ma illeso zi' Dima, assistito e festeggiato da tutti i contadini presenti.
Il ventaglino, regia di Mario Soldati
Tuta una ragazza madre sfrattata sta piangendo il suo misero stato con una passante ai giardini pubblici la quale mossa a pietà le dona un pezzo di pane accomiatandosi. Un'altra ricca signora, dopo che il suo bambino ha gettato il pane del piccolo e povero coetaneo facendolo piangere, dona alla povera Tuta un paio di monete. La donna sulle prime pensa di comprarci del cibo per il suo piccolo ma il gran caldo che la attanaglia le fa scegliere un ventaglino di carta da un ambulante di passaggio. Adesso il problema maggiore è il sollievo dal caldo, pensa lei, "al resto Dio provvederà".
La patente, diretto da Luigi Zampa
Rosario Chiarchiaro, considerato da tutti in paese uno iettatore e per questo anche licenziato, per sbarcare il lunario e sfamare tre figlie e assistere una moglie invalida si inventa una strana e sinistra professione: quella dello iettatore appunto. Per farlo ha bisogno di una partente, un attestato che solo un giudice può dargli. Avendo denunciato diverse persone per averlo considerato tale e fiducioso della loro testimonianza in tal senso a processo, viste anche le disgrazie effettive capitate a diversi di loro, conta di iniziare la sua attività dettando a sua figlia un tariffario delle sue "prestazioni". Ad esempio fermandosi davanti ad un negozio, otterrebbe di sicuro dei soldi dal negoziante per spostarsi magari davanti al negozio del rivale e così via con un dettagliato prezzario per tutte le occorrenze.
Marsina stretta, regia di Aldo Fabrizi
Un professore di taglia robusta deve fare da testimone di nozze ad una sua ex allieva che ha particolarmente a cuore. Per non andare con il solito e sdrucito "doppio grigio" si fa prestare da un ex colonnello suo vicino di casa una marsina che gli impedisce ogni movimento essendo molto stretta. Conta di sbrigarsela in un paio d'ore e di resistere per quel tempo visto che non vede l'ora di tornarsene a casa non abituato ad andare in giro bardato e paludato in quel modo. Ma la sua allieva è colpita da un improvviso lutto e tutto rischia di andare all'aria, con la famiglia del suo sposo pronta a sospendere tutto al momento e chissà forse per sempre con grande dispiacere della ragazza che teme di perdere il suo amato. Ma ecco il professore prendere decisamente in mano la situazione e imporre a tutti il matrimonio incontrando il favore dei due giovani sposi e accompagnandoli all'altare in fretta e furia che la marsina sta andando letteralmente in pezzi.
Quest'ultimo con un grande Aldo Fabrizi e l'episodio con Totò sono i più divertenti con gli altri due comunque di grande presa specie il bravissimo Turi Pandolfini imprigionato nella giara resta nei ricordi di un certo cinema e di una pregevole letteratura studiata a scuola all'epoca (non so oggi). Come quel Totò di nero vestito con tanto di occhiali anch'essi neri e bastone con pomello da gufo che resta indelebile e divertita memoria in tutti noi.
Questa è la vita
Italia 1954
Regia: Aldo Fabrizi, Giorgio Pàstina, Mario Soldati, Luigi Zampa
Musiche Armando Trovajoli, Carlo Innocenzi
con
ne La giara
Turi Pandolfini: zi' Dima, il mastro del paese
Natale Cirino: Don Lolò Zirafa
Antonio Nicotra: compare Peppe
Domenico Modugno: 'Ntoni
Franca Gandolfi: Trisuzza
Salvo Libassi: avvocato Scimè
Agostino Manna: Fillicò
Carmelo Di Giovanni: Tararà
ne Il ventaglino
Myriam Bru: Tuta
Andreina Paul: donna benestante
Giorgio Costantini: il venditore di ventagli
Pina Piovani: la popolana ai giardinetti
Mario Corte: l'uomo che legge il giornale
Antonio La Raina: il corazziere
Giovanna Benfenati Cigoli: anziana ai giardinetti
ne La patente
Totò: Rosario Chiarchiaro
Armenia Balducci: Rosinella Chiarchiaro
Mario Castellani: giudice istruttore D'Andrea
Nino Vingelli: venditore di fuochi artificiali
Anita Durante: la moglie di Rosario
Fiorella Marcon: figlia di Rosario
Isabella Nobili: figlia di Rosario
Attilio Rapisarda: l'usciere
ne Marsina stretta
Aldo Fabrizi: professor Fabio Gori
Walter Chiari: Andrea Migri, lo sposo
Lucia Bosè: Angela Reis, la sposa
Carlo Romano: Carlo Migri
Ada Dondini: Gina Migri
Luigi Pavese: Colonnello Franco Alonzo
Zoe Incrocci: la sorella di Andrea
Lauro Gazzolo: l'amministratore
Jone Morino: la moglie dell'amministratore
Paolo Ferrara: testimone di Andrea
Gorella Gori: moglie del testimone
Amalia Pellegrini: Adele
Amina Pirani Maggi: madre di Ofelia
Giovanni Grasso: il portiere
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