Timbuctù
P aul Bonnard, uomo di buone maniere e in apparenza danaroso, giunge a Timbuctù in cerca di una guida esperta che lo accompagni in un lungo viaggio nel deserto. Si imbatte in una giovane donna, Dita, una prostituta che vuole cambiare vita e lasciare quel buco di inferno per ricominciare e quell'uomo così affabile e colmo d'amore per il prossimo, sembra l'occasione giusta. Ma la guida, l'esperto Joe January, conoscendola non è tanto propenso a portarla con loro. Tuttavia Bonnard è di parere contrario ed essendo lui che paga tutto si risolve e il terzetto è in marcia. Davanti a loro lo sterminato e infuocato deserto del Sahara. Ben presto sorgono alcune divergenze e contrasti tra loro, specie tra Joe e Dita, due reietti a loro stesso dire in cerca di redenzione e in contrasto con la purezza di ideali di Bonnard. Costui confida che è alla ricerca di un'antica città colma di ricchezze, della cui esistenza è stato lo stesso padre ad informarlo. Nonostante Joe lo ammonisca che il deserto è la tomba di centinaia di cercatori d'oro, Paul Bonnard è convinto della sua esistenza e della bontà delle indicazioni fornitegli dal padre per raggiungerla. Lui vuole coronare il sogno di suo padre di spendere tutta la ricchezza rinvenuta in opere umanitarie in aiuto ai più bisognosi del mondo. E anche se con tutta probabilità suo padre è nel frattempo morto, essendo passati ormai dieci anni dall'ultima lettera ricevuta, egli intende fermamente perseguire il suo scopo. A corto d'acqua e con la certezza ormai di esser giunti alla fine, i tre arrivano stremati nei pressi delle rocce bianche, luogo descritto dal padre come posto a copertura della città scomparsa. Infatti trovano un passaggio e ben presto sono nelle rovine di quella città, dove come diceva suo padre c'è anche l'agognata l'acqua oltre a un ricco tesoro. Ma Paul fa una scoperta terribile. In una sala rinviene il corpo scheletrito del padre e di altri due, un uomo e una donna apparentemente abbracciati. Una lettera ancora stretta in mano da suo padre getta Paul nello sgomento più totale. Quell'uomo era invaghito della donna e con lei progettava una vita di agi con il tesoro ritrovato, ma lei amava la guida e nella colluttazione i due uomini si erano uccisi a vicenda lasciando la sventurata a morire di stenti abbracciata al suo vero amore. Per Paul, puro d'animo e incredulo, scatta la molla della follia e temendo di fare la stessa fine del padre trovandosi nelle medesime condizioni, aggredisce Joe e poi scappa lasciandoli senza viveri e muli. Joe e Dita che nel frattempo hanno avuto modo di conoscersi meglio fino ad innamorarsi, raccolta dell'acqua si mettono sulle tracce di Paul nella speranza di raggiungerlo e farlo rinsavire. Ma dopo una faticosissima camminata e con l'acqua finita, lo ritrovano agonizzante nel deserto ma ancora in preda alla follia tanto da accoltellare Joe prima che Dita faccia fuoco su di lui uccidendolo. Per loro sarebbe la fine se non passasse una provvidenziale carovana a ridargli una nuova vita.
Girato in Libia nelle splendide rovine della città romana di Leptis Magna, il film, nonostante la regia di un mostro sacro come Henry Hathaway, non decolla mai, lasciando tuttavia allo spettatore la gioia di godersi un paesaggio straordinario e due icone del cinema come il Duca e la Loren coadiuvati da un ottimo Rossano Brazzi, bravissimo a tratteggiare la bontà d'animo dell'uomo come la follia. John Wayne appena cinquantenne sembra un pochino a disagio lontano dai ruoli convenzionali ma è sempre un piacere vederlo all'opera anche in film dove non dà il meglio. Sofia è nella rigogliosa bellezza dei suoi 23 anni mentre in questi giorni ha raggiunto il traguardo prestigioso degli 80. Tanti, tanti, tanti, sinceri e sentiti auguri.
Legend of the Lost
Italia, Stati Uniti 1957
Regia: Henry Hathaway
Musiche Angelo Francesco Lavagnino
con
John Wayne: Joe January
Sophia Loren: Dita
Rossano Brazzi: Paul Bonnard
Kurt Kasznar: Prefetto Dukas
Ibrahim El Hadish: Galli Galli
e con
Sonia Moser
Angela Portaluri
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