I cavalieri dalle maschere nere
A gli albori del settecento il popolo siciliano geme, umiliato ed oppresso sotto uno dei tanti domini stranieri che si avvicendano nell'isola meravigliosa. Ma contro i dominatori e contro l'imbelle patriziato a loro asservito, sorge a difesa del popolo un manipolo di uomini intrepidi: i Beati Paoli. Il volto celato da un nero cappuccio, la mano armata di una rete e di un pugnale, silenziosi, invisibili e inafferrabili, essi conducono la loro guerra implacabile col motto:
GIUSTIZIA PER TUTTI - DIO CONFONDA I TIRANNI.
Il giovane Blasco di Castiglione allevato in un convento di frati, ha appreso da loro quanto basta per una vita onesta e laboriosa. Dal coltivare la terra, all'uso della spada, grazie ad un frate appassionato di scherma, e alle nozioni basilari di latino e cultura generale impartitegli dall'abate priore. Abbandonato in quel convento in tenerissima età, è oggi forte e spavaldo oltre che innamorato della giovane contadina Violante cresciuta con la sua famiglia i margini del convento. Quando questa viene rapita da alcuni uomini al soldo di signorotti, egli si mette immediatamente sulle loro tracce con meta Palermo per informare il Capitano di Giustizia ed ottenere la sua liberazione. Queste sventurate, venivano rapite e tenute prigioniere in casolari fuori mano, per poter soddisfare gli appetiti sessuali di ricchi depravati e annoiati. Blasco per nulla intimorito e sorretto da una spavalderia frutto della sua esuberanza giovanile, entra subito in conflitto con le guardie del Conte Raimondo, il cui figlio è invischiato nel rapimento della sua ragazza. Allo stesso tempo è contattato da una misteriosa setta che si batte per la libertà del popolo oppresso e alla quale sulle prime non sembra per nulla interessato. Lui è un contadino e non è mai stato in città e per di più è inconcepibile per lui avere rapporti con chi si cela il viso. Per questo la sua purezza e semplicità di sentimenti lo porta all'inizio ad avere il medesimo atteggiamento sia con i ribelli che con il Conte Raimondo, al quale ha fatto una così buona impressione come spadaccino, da nominarlo suo maestro d'armi ufficiale. Al tempo stesso è entrato nelle grazie della sua seconda moglie, che si è follemente innamorata di lui al punto da far nascondere in gran segreto la sua Violante tra le mura di un convento di suore. Ma ben presto scoprirà di essere il figlio del defunto fratello del Conte Raimondo e di avere pertanto diritto ai beni che lo zio gli ha usurpato alla morte del padre, facendolo abbandonare nel convento dove è cresciuto. Con l'aiuto dei Beati Paoli, al comando dei quali si cela l'insospettabile Duca Coriolano, riuscirà a riconquistare il titolo e le proprietà perdute con grande gioia del suo popolo, finalmente libero dall'oppressore e soprattutto a liberare la sua Violante non senza problemi, visto che lei si era promessa ad un contadino. Per questo Blasco non indugia a buttare gli abiti sfarzosi coi quali si era presentato in convento, per indossare quelli soliti e farla felice. Un nobile zappaterra per un insolito lieto fine.
Film introvabile di un periodo aureo del cinema italiano. Trama coinvolgente, ottima ricostruzione ambientale e di costumi e cast di prim'ordine. Al bravo ed esuberante Otello Toso si aggiungono la bellezza di Lea Padovani e Massimo Serato, le straordinarie capacità recitative di Mario Ferrari, Carlo Ninchi e la bravura di Paolo Stoppa qui in un ruolo positivo. Da vedere e soprattutto recuperare con i tanti altri magici bianconeri di un'epoca del cinema italiano che non c'è più.
Italia 1948
Regia: Pino Mercanti
con
Otello Toso: Blasco di Castiglione
Lea Padovani: Violante
Massimo Serato: il Contino de la Motte
Paolo Stoppa: il nobile balbuziente
Paola Barbara: Madame de la Motte
Mario Ferrari: Conte Raimondo de la Motte
Carlo Ninchi: Duca Coriolano
Michele Abruzzo: Matteo
Umberto Spadaro: Gegè
Rosolino Bua: l'abate
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