Django
Quando un uomo sente il nome di Django la sua mente rapida visualizza Franco Nero che trascina la sua bara nel fango. Già quel fango che fece fare una smorfia ai tanti estimatori del genere western casareccio, noto all'epoca anche col nomignolo "polverone". Andiamo e vedere un polverone si diceva ma qui della polvere nemmeno l'ombra, solo fango, disperazione e morte. Il film che avrebbe dato una svolta al genere, un cult in diversi paesi del mondo, con i suoi estimatori pronti da più parti a tesserne le lodi oltre che a clonarlo a ripetizione. Ma Django come detto è e sarà sempre Franco Nero, L'Abele scoperto da John Houston nel suo colossal "La Bibbia". L'improbabile collocazione geografica tra gli USA e il Messico, dove invece di far caldo si accendono le stufe e l'alito fa bella mostra di sé appena fuori della bocca, non scalfisce minimamente la buona idea e la riuscita del film. Quella mitragliatrice che esce fuori dalla bara e semina la morte resterà per sempre impressa nella memoria del cinefilo come quegli occhi azzurri che fanno capolino dalla tesa del cappello, belli ma minacciosi e vivi da far intuire la velocità di mano che seguirà, i colpi della colt e i morti che cadranno.
In un buco di paese reso fantasma dalla faida tra gli uomini dell'ex maggiore sudista Jackson e i ribelli messicani del generalissimo Rodriguez, sopravvive a stento un solo saloon-bordello dove a turno vanno a divertirsi i due contendenti. Django vi arriva a piedi trascinandosi la sua cassa da morto e comincia col dare una "sfoltita" ai ranghi del maggiore per poi passare nelle fila dei ribelli coi quali assalta un forte dei "rurales" per rubare l'oro lì custodito. Non avrà la sua parte e tenterà di prendersela riempiendo la bara del prezioso metallo ma scoperto avrà le mani fracassate … per un pistolero è peggio della morte. E mentre il generale e i suoi rimarranno sul terreno per un'imboscata tesa loro dal maggiore, quest'ultimo andrà incontro al suo destino nella sparatoria finale in mezzo alle croci del cimitero. Django, mani fasciate alla meglio, liberando cane e grilletto della sua colt appoggiata su una croce si aiuterà con i polsi in una raffica finale a sensazione.
In un buco di paese reso fantasma dalla faida tra gli uomini dell'ex maggiore sudista Jackson e i ribelli messicani del generalissimo Rodriguez, sopravvive a stento un solo saloon-bordello dove a turno vanno a divertirsi i due contendenti. Django vi arriva a piedi trascinandosi la sua cassa da morto e comincia col dare una "sfoltita" ai ranghi del maggiore per poi passare nelle fila dei ribelli coi quali assalta un forte dei "rurales" per rubare l'oro lì custodito. Non avrà la sua parte e tenterà di prendersela riempiendo la bara del prezioso metallo ma scoperto avrà le mani fracassate … per un pistolero è peggio della morte. E mentre il generale e i suoi rimarranno sul terreno per un'imboscata tesa loro dal maggiore, quest'ultimo andrà incontro al suo destino nella sparatoria finale in mezzo alle croci del cimitero. Django, mani fasciate alla meglio, liberando cane e grilletto della sua colt appoggiata su una croce si aiuterà con i polsi in una raffica finale a sensazione.
Django Italia, Spagna 1966
Regia: Sergio Corbucci
con
Franco Nero: Django
José Bódalo: Gen. Hugo Rodriguez
Loredana Nusciak: Maria
Eduardo Fajardo: Maggiore Jackson
Luciano Rossi: Miguel
Angel Alvarez: Nathaniel
Gino Pernice: Jonathan
quant'era bella Loredana Nusciak al secolo Cappelletti
RispondiEliminache tempi!!
minkia nius sgup
RispondiEliminasembra che Tarantino voglia girare un omaggio a questo film del 1966 dal titolo appunto di Django Unchained
ancora riserbo sul cast ma sembra che il "bastardo senza gloria" Christoph Waltz sarà il protagonista
uscirà prima in Usa e poi quando arriverà in Italia saremo tutti lì a tifare "made in Italy"
del resto il regista è già presente qui nella pagina "appello per il western nazionale"
76 TANTI AUGURI 76 DJANGO 76
RispondiElimina